Tempi duri per i postini. La mancata consegna di una raccomandata a/r, presso un indirizzo esistente e conosciuto, può essere causa di risarcimento del danno.
Così ha stabilito il Giudice di Pace di Foggia in una recente sentenza. Nel caso di specie, un avvocato foggiano aveva inviato, tramite servizio di raccomandata a/r delle Poste Italiane S.p.A., una missiva legale, mai però pervenuta al destinatario, ma anzi restituita al mittente con la dicitura “destinatario sconosciuto”. Ciò era parso alquanto strano e inverosimile dal momento che il destinatario, tutt’altro che ignoto in città, risiedeva in un rinomato quartiere residenziale.
Secondo consolidata giurisprudenza, il rapporto che si instaura tra il cittadino e le Poste Italiane S.p.A. è di natura contrattuale. Pertanto, in caso di inadempimento, il servizio postale è tenuto a risarcire il danno, a meno che non provi che l’impossibilità sia dipesa da una causa ad esso non attribuibile (quale, ad es., un indirizzo sconosciuto o inesistente). Anche la Corte di Cassazione [1], in linea con tale pensiero, ha chiarito che, in questi casi, l’esclusione di qualsiasi responsabilità per le Poste implicherebbe per essa un anacronistico privilegio, contrario al principio costituzionale di uguaglianza (art. 3 Cost.).
Il Giudice di pace foggiano, dunque, ha ritenuto responsabile il postino per il pregiudizio derivante dalla mancata consegna della corrispondenza, arrecato all’avvocato o ai suoi clienti (che magari confidavano proprio nella celerità del servizio postale per risolvere una faccenda urgente). Pertanto, ha condannato le Poste Italiane al risarcimento del danno pari al valore economico del beneficio che avrebbero ottenuto i mittenti qualora la corrispondenza fosse giunta a destinazione.
Una sentenza del genere chiama al dovere quei postini che, alcune volte, o per unrapporto amicale con il destinatario o per incuria e negligenza, non portano a termine il loro lavoro.
A volte, infatti, sembra quasi che rapporti di confidenzialità tra il postino e il destinatario diano modo a quest’ultimo, con il tacito consenso del primo, di giocare sulle pieghe di piccoli difetti nell’indirizzo di destinazione. Ed ecco che persone che risiedono in palazzi senza numero civico – o che tali erano appena terminata la struttura o prima che il comune mettesse il nome alla via o il numero al palazzo – diventano irreperibili a singhiozzo, a seconda del mittente. O notifiche non andate a buon fine solo perché lo stabile ha da poco cambiato il numero civico. O ancora soggetti che diventano irreperibili perché il loro nome non è scritto a chiare lettere sul citofono. O negozi introvabili solo perché, all’orario in cui passa il portalettere, sono sempre chiusi (per es., le attività che si svolgono nelle ore serali).
Vi sono poi casi in cui, al di là di un rapporto amicale con il destinatario, il postino non ha la pazienza o la voglia di compiere quel minimo di indagini per verificare, in vie tutt’altro che estese, quale sia la residenza del destinatario.
Ebbene, in tutti questi casi, è bene che il postino, anziché due volte, bussi anche una terza.
[1] C. Cass. sentenza n. 15559 del 2004;
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