giovedì 9 maggio 2013

Locazione e inquilino moroso: sfratto o cambiare chiavi all’appartamento?


Commette reato il proprietario di casa che si fa giustizia da sé, sostituendo le chiavi di casa o disdettando le utenze di luce, gas, acqua.


Spesso capita che il locatore di un appartamento, che non riceva il regolare pagamento, da parte del conduttore, delle rate per “l’affitto” (o meglio, locazione), anziché ricorrere con le vie ordinarie (causa di sfratto), preferisce farsi giustizia da sé,cambiando la serratura della porta o facendo staccare l’utenza di energia elettrica(se ancora intestata al padrone di casa).

Si tratta però di comportamenti illegittimi.
Il proprietario, infatti, anche se il conduttore non provveda al pagamento di canoni e spese, non può disdettare il contratto di fornitura dell’energia elettrica sostituire la serratura, estromettendo l’inquilino dall’immobile, ma deve invece agire (solo) con la normale e ordinaria azione di sfratto per morosità [1].
Sul tema, la Cassazione ha precisato che l’estinzione dei contratti di fornitura dienergiagas acqua realizza un mutamento di destinazione del bene locato e integra pertanto il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni [2]. Il padrone di casa, infatti, così facendo, impedisce un normale utilizzo dell’appartamento [3].

Lo stesso reato lo pone in essere il proprietario di un immobile che, una volta scaduto il contratto di locazione, di fronte all’inottemperanza del conduttore all’obbligo di rilascio, anziché ricorrere al giudice con l’azione di sfratto, si fa ragione da sé, sostituendo la serratura della porta di accesso e apponendovi un lucchetto [4].

Tra l’altro, la sostituzione della serratura (con ingresso all’interno dei locali) configura anche il reato di violazione di domicilio [5] per il quale “chiunque si introduce nell’abitazione altrui o in altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si introduce clandestinamente o con l’inganno, è punto con la reclusione da sei mesi a tre anni.


[1] Art. 658 cod. proc. civ.
[2] Art. 392 cod. pen.
[3] Cass. sent. n. 41675/2012.
[4] Cass. sent. n. 10066/2005.
[5] Art. 614 cod. pen.

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