Ci
sono voluti dieci
anni,
ma alla fine ha avuto ragione lei. La casalinga bresciana che ha
portato la sua collega del piano di sopra in giudizio, si è vista
riconoscere dalla Cassazione
il
diritto a uscire in terrazzo “senza l’ombrello”. Già, perché
a scatenare la disputa tra le due signore – entrambe di nome Laura
– era stato il vizio dell’accusata di appendere
il bucato sgocciolante proprio
sopra la testa dell’inquilina del piano di sotto.
Una
storia dal finale nient’affatto scontato, rimasto in bilico fino
all’ ultimo, che aveva conosciuto nei primi due
gradi di giudizio esiti
opposti: sentenza a favore della signora Laura “del piano di sopra”
in primo grado, poi ribaltata, nel 2006 dalla Corte
d’Appello bresciana,
che aveva invece riscontrato una struttura troppo rudimentale per
costituire una servitù. Ora, infine, l’ultima parola scritta dalla
Cassazione che ha liberato la signora Laura del piano di sotto dallo
sgocciolio
incriminato.
Una
classica diatriba condominiale, sfociata in un caso giudiziario che,
in seguito alla sentenza
14547 della Corte di Cassazione,
raggiunge il suo epilogo. Non sono poche, infatti, le liti che
nascono tra condòmini per invasione dello spazio altrui o per
vessazione
degli
altri inquilini: casi in cui la libertà di ciascuno sbatte contro
quello dell’altro, e si inquadra nei rigidi regolamenti
di convivenza condominiale.
Ora,
insomma, anche lo sgocciolio dei panni appesi ad asciugare viene
incluso nelle condotte illecite: la Suprema Corte ha infatti
stabilito come “per
creare una servitù di stillicidio, due
fili sostenuti da staffe di metallo”
siano insufficienti a svolgere accuratamente l’operazione. Già,
perché la signora Laura del piano di sopra aveva il vizio di
appendere i propri indumenti freschi di lavatrice su due stenditoi
improvvisati alla bell’e meglio, montati tra due finestre rivolte
verso il cortile interno. Un’abitudine non gradita dalla signora
Laura del piano di sotto, la quale, uscendo in terrazzo, trovava di
frequente la fatidica “pozzanghera”
causata dallo sgocciolio dell’omonima inquilina.
Ecco
perché Laura del piano di sotto aveva deciso di portare la questione
di fronte al giudice
il
13 novembre 2002, puntando sul fatto che i due appartamenti fossero
appartenuti a un unico
proprietario,
che aveva generato quella “servitù
di stillicidio”
installando gli stenditoi direttamente al piano superiore, senza
curarsi troppo dello sgocciolio.
Ora,
però, la guerra
del bucato tra
la signora Laura e la vicina dallo stesso nome, è finita, con la
vittoria giudiziaria della vittima, che impedisce all’altra
casalinga, dopo una decade, di stendere la biancheria nello
stenditoio incriminato. Secondo la Cassazione, infatti, che ha
confermato la sentenza d’appello “la
semplice presenza di supporti metallici infissi dall’originario
unico proprietario nel muro perimetrale, ai lati delle finestre
sovrastanti, non lasciava chiaramente intendere che si volesse
assoggettare l’immobile inferiore allo sgocciolamento
del bucato bagnato“.
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