Se il gesto è talmente ossessivo da creare nella vittima uno stato di ansia, timore per la propria incolumità e cambiamento delle abitudini di vita costituisce reato: scatta così il reato di atti persecutori in chi quotidianamente sporca il giardino del vicino.
Risponde del reato di atti persecutori, ossia di stalking, chi quotidianamente sporca il giardino o la proprietà del vicino, costringendolo a modificare le proprie abitudini. Ciò a prescindere dalla natura dei rifiuti o dagli eventuali rapporti già tesi e difficili tra le parti.
A chiarirlo è stata una sentenza della Cassazione di ieri [1]. Il provvedimento della Suprema Corte ha così condannato un uomo che gettava quotidianamente, nel giardino limitrofo del fratello, rifiuti di ogni genere (tra cui escrementi, non bene identificati se umani o di animale).
Il fatto di creare nella vittima, con il proprio comportamento ossessivo, un perdurante e grave stato d’ansia e incutere un fondato pericolo per la propria incolumità, tanto da indurla a cambiare abitudini di vita (nel caso di specie, il vicino tartassato aveva dovuto trasferirsi altrove per alcuni periodi), è considerato dalla giurisprudenza rientrante nel reato di stalking. Ciò, ovviamente, in aggiunta all’illecito civile che dà origine alla richiesta di risarcimento del danno.
Anche il “getto molesto” di rifiuti, dunque, se determina i predetti effetti nella vittima (ossia: ansia, timore per la propria incolumità e cambiamento delle abitudini di vita) costituisce un crimine punito severamente.
Per la Suprema Corte, inoltre, è irrilevante sia la natura dei rifiuti gettati nella proprietà vicina che i rapporti già tesi e difficili di vicinato.
[1] Cass. sent. n. 39933 del 26.09.2013.
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